Per whistleblowing si intende la segnalazione, da parte di lavoratori dipendenti di un’azienda o della Pubblica Amministrazione, di un illecito interno, di una frode o di un comportamento contrario alla legge compiuto dalla realtà per cui lavorano, dai colleghi o dai clienti.
Il protagonista dell’azione è dunque un segnalatore di illeciti, ruolo celebre e riconosciuto da tempo dagli ordinamenti giudiziari e sociali anglosassoni, che ne tutelano i diritti e garantiscono una ricompensa percentuale sui fondi recuperati dallo Stato grazie alla sua azione.
In Italia, questa figura è emersa solo negli ultimi anni, anche grazie alla maggiore attenzione verso le tematiche riguardanti il benessere dei lavoratori e di welfare aziendale, e ancora sta trovando una sua collocazione precisa.
Il whistleblowing è realtà giuridica solo dal 30 novembre 2017 grazie alla legge 179, che ha consolidato un precedente decreto legislativo del 2012 ed esteso la pratica anche al settore privato.
Secondo la legge, chi segnala un illecito è protetto dall’anonimato, così da evitare ritorsioni da parte del datore di lavoro o dei colleghi. La normativa prevede infatti che il segnalatore non possa essere né demansionato né licenziato, trasferito o sottoposto a misure che peggiorino le sue condizioni di lavoro.
In tre casi particolari, la tutela del dipendente che svela illeciti è particolarmente importante:
Nel settore privato, la legge 179/2017 sancisce la tutela di chi segnala illeciti con la massima riservatezza e il divieto di qualunque tipologia di comportamento discriminatorio, pena la denuncia presso l’Ispettorato del lavoro. I modelli di organizzazione, gestione e controllo attuati devono prevedere un sistema disciplinare che sanziona eventuali discriminazioni dei segnalatori, provvedendo al reintegro del whistleblower in caso di licenziamento.
Le segnalazioni, nel settore privato, vengono fatte all’Organismo di Vigilanza, che ha il compito di valutarle e assegnare la gestione del caso a enti esterni.
Nella Pubblica Amministrazione, la legge 179/2017 ha contribuito a ordinare e chiarire le pratiche di whistleblowing diffuse già da tempo, identificando i destinatari delle segnalazioni e introducendo il divieto di rivelare l’attività dei dipendenti che hanno segnalato illeciti.
A ricevere i reclami sono il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o l’Autorità nazionale anti-corruzione (ANAC), oltre naturalmente all’autorità giudiziaria.
L’ANAC può anche comminare sanzioni fino a 30.000 euro all’ente o all’amministratore che ha adottato misure discriminatorie contro il segnalante, o fino a 50.000 euro qualora fossero eluse le procedure di riservatezza. Per chi invece non verifica le segnalazioni ricevute, sono previste multe fino a 50.000 euro.
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